Capitolo 2 – Chapeau

“Porta pazienza, ci sentiamo per domani”
Finiva più o meno così la telefonata della mia vita. Accovacciato per terra.
Piacere, Jacopo. E qui finiscono i convenevoli.

Fumavo tre sigarette di fila, dopo che lo schermo del cellulare si era spento. Non avrei mai detto che fosse il fumo a tenermi in vita.
Cartine finite, e nessuna voglia di studiare fuori dalla biblioteca illuminata. Andai a prendermi un pacchetto.

Ero come voi, circa un anno fa. Forse peggio. Del tipo: le donne essenzialmente, sono troie. Trovatene una che scopa bene, o quanto meno ogni volta che tu ne abbia voglia. Possibilmente che faccia pompini. Non servono a molto altro. Se la trovi tientela stretta, ti sei sistemato a vita.
A volte capita di cambiare idea, per lo più grazie a qualcuno. Succede di essere una persona migliore di ciò che si è. O di volerlo essere al punto di diventarlo.

Quella sera mentre camminavo, il Mondo mi chiedeva perdono. Lo sentito quasi ansimare e piangere attorno a me, e abbracciarmi coi lampioni. Io rispondevo “Sta sera no, grazie, ripassa domani”. Il giorno dopo passa ogni cosa. L’incazzatura che ho da una decina d’anni no, ma quella è più con me stesso, e non ho grandi speranze passi mai.
In Italia se ti metti il cappuccio in testa, specialmente di notte, sei uno spacciatore o un violentatore. In Inghilterra invece è piuttosto normale, col freddo che fa.

Una sera capisci Bukowski tutto d’un colpo. Ha sofferto più lui d’Amore di un Dante qualsiasi, perso a sbavare dietro un angioletto privo di impulso sessuale.

Poi passi sotto la luce del tabaccaio, e si spegne. E il distributore non ti accetta i 5€, e quando lo fa non ti da il resto. Marlboro rosse. Aspiro ma non sento niente. Loro dovrebbero uccidermi, dicono.

Non fa poi freddo, se cammini veloce.

Capita che per andare avanti qualcosa devi lasciartelo indietro. Che se il tuo cesto tiene ottanta mele e tu ne hai cento, passi una vita a raccogliere quelle che cascano, e intanto marciscono tutte. Se sei quello che le raccoglie, affari tuoi, stai scegliendo il tuo modo di lasciare questo Mondo un po’ come tutti. A me è capitato di essere una mela, e di salire e cascare non ne avevo più voglia, per cui sono rotolato via.

E peggio guidare quando non riesci a stare sulle gambe, piuttosto che quando sei ubriaco. Quella sera dormii in macchina. Chiamatelo vittimismo, io non ne avevo voglia di tornarmene a casa, e tanto basta per decidere di non farlo.

Non ricordo cosa successe tra il mio risveglio nel parcheggio alle 7.30 della mattina, e la mail che mi comunicava con un burocratese formale e rispettoso, di essere stato ufficialmente preso a calci in culo dalla mia Università, per una faccenda di “appropriazione indebita di bene pubblico”, ma suppongo sia trascurabile.

Cara vita: Chapeau.

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