Capitolo 5 – Vernice plus

Jacopo si trova ancora una volta al buio. Il respiro affannoso rende lo spazio claustrofobico mentre piano cerca tra le coperte l’oggetto dei suoi pensieri. Nella sua testa le parole nere si accavallano e cerca un appiglio, far combaciare le sue costruzioni mentali con quelle frasi.
Sprofondate nel suo cuore preoccupazioni! State arrugginendo un cuore d’acciaio.
Se può il vento che tanto s’impegna a far sbattere gli scuri porterà queste parole al destinatario nel tempo in cui le ali di rondine portano la primavera. L’inverno del suo cuore sarebbe così portato al disgelo, svegliato dal suo letargo ritroverebbe la voglia dei germogli di scrollarsi di dosso il terriccio e arrivare a nuova vita.
Jacopo si gira e si rigira, la gamba si culla da sé e le estremità delle sue dita si ghiacciano. Il sangue è tutto nel suo petto, nel suo collo, aiuta i polmoni. Gonfi. Sgonfi. Gonfi. Sgonfi.
Come non pensare? Via, maledetti corvi, nuvole nere sulla sua fronte! Allora è vero che ogni brutto pensiero ha le sopracciglia contratte!
Jacopo s’abbraccia, come non s’abbraccia neanche un figlio, nel nero delle lettere di cui non trova un incastro. C’è un gran fracasso tra le sue costole, un suono antico quanto il primo uomo che trattenne il respiro, nel freddo di una caverna.
Si contrae l’addome come se con gli occhi della pancia, che sono i più profondi e solleciti dei tanti disponibili all’uomo, vedesse arrivare il colpo. Tenere duro, deriverà da lì, il detto? Da quella contrazione?
Le dita non possono ringraziare, o complimentarsi, o dire quanto tutto questo sia insopportabile.

State molto attenti ora, perché Jacopo ha fatto una cosa. Jacopo si è sporcato nel profondo con dei colori che non gli appartenevano. Sì, dovete proprio saperlo, ha tinteggiato buona parte della camera che tiene lì nascosta, quel luogo sconosciuto a tutti se non agli occhi dello stomaco, che certo sono reattivi e onniscenti a sufficienza. Così quando la vernice si è messa le gambe in spalla… con la volontà di chi sarebbe rimasto per sempre sia chiaro, non è mica fuggita a cuor leggero, solo che gli eventi… Dicevo, quando la vernice ha tagliato i rapporti col pennello, la stanza è rimasta metà colorata, e metà bianca.
Quindi adesso Jacopo è davanti a una scelta.
Primo: può tinteggiare tutto di bianco, e chi s’è visto, s’è visto. Ha così tante parole che potrebbe riempire superficie e volume tante volte da superare le passate consigliate per la buona tenuta del colore. Sì però… poi si vede dove c’era il colore prima perché il punto diventa più spesso, e prima o poi l’intonaco cade e si vede… Non si può fare. E poi se aveva deciso di tinteggiarlo quel bianco, ora non si torna indietro, non sarebbe… autentico!
Secondo: può cercarsi un’altra vernice e finire la stanza con quella, ce ne saranno sugli scaffali! Sì, senz’altro. Sì, però… Questa non tiene. Questa non brilla. Questa è buia. Questa è stupida. Stupida vernice!
Terzo: Ritrovare quella medesima vernice! Ok, questo è folle! Jacopo, la vernice è andata via! E non puoi dirle che è stata una gran vernice, che quando vorrà pitturare qualcosa tu ci sarai sempre, che è bravissima ad assolvere i suoi compiti di tinteggiatura per diventare una vernice plus! Eh non puoi, perché daresti fastidio a quella vernice! Meno ti vede meglio sta.
Jacopo capisci che meno ti vede meglio sta, la vernice?
Capisci che meno la cerchi e più lei riuscirà ad essere la vernice che vuole ed è destinata ad essere?
Jacopo, come vedi delle tre opzioni non hai scelta! Cioè  davvero, non hai scelta, nessuna, nessuna delle tre è una strada percorribile!
Chiudiamo la stanza?
La spalanchiamo, per chiunque?
Jacopo soffiando dalle narici un taurino e rovente “NO” è in questo istante monolitico e fortissimo, alto svariate leghe sul tetto del mondo, reggendo dolcemente la volta celeste col suo indice sinistro. Sceglie d’essere il più forte possibile, per quella Vernice.

Io so solo che Jacopo è nel buio delle sue lettere. Respira a fondo. Scoprendo le difficoltà di fare parallelismi con colori in barattoli.

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